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Persone, cose, animali a cui si è paragonato Ibra

Un “Napo” in meno, resta comunque il “leone”: la mania di grandezza è sempre la stessa. Anche questa appena sentita, «Il leone ha ancora fame», ha annunciato appena sbarcato a Los Angeles. Non vede l’ora che gli aprano la gabbia e lo mandino in campo per sbranare gli avversari. O i compagni, se necessario: la prima volta in cui Ibra si era sentito leone, infatti, aveva mostrato le fauci al resto dello spogliatoio dei Red Devils, ruggendo «Sono un leone in una squadra di gattini» ad aprile del 2017, quando le cose in casa United non andavano come aveva immaginato al momento della firma. «Quando sei parte di una squadra vuoi sempre fare qualcosa di utile – aggiunse -, al momento non ci sono riuscito, sento molta responsabilità e pressione su di me. Ma non sono venuto qui per perdere tempo». Io leone, voi micetti: l’accusa ai compagni, rei di aspettare di essere trascinati, senza dare una zampa. Rimise la criniera due mesi dopo, il 1° giugno 2017, a 40 giorni dall’infortunio al ginocchio (nella gara contro l’Anderlecht) che sembrava aver messo a rischio la sua carriera. «Improbabile che possa giocare ancora», si era detto in Inghilterra: lui posta su Instagram un video in cui palleggia a piedi nudi su un prato, accompagnato dalla sua personalissima spiegazione: «Il tocco non scomparirà mai. I leoni non recuperano come gli umani».

Nel frattempo ha da poco completato un’opera gigantesca sulla sua schiena, dove si è fatto tatuare un maxi-leone, mescolato con altri simboli di ogni tipo: il “Five Deva Faces Yantra” buddhista (che protegge da malattie e pericoli), una piuma d’aquila (forza e coraggio), l’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci (perfezione).

Fonte: Sky

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