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COPPA ITALIA – Inter, Conte sfida ancora Gattuso: percorsi da grandi, con la stessa missione

Napoli-Inter, in panchina. Vista dai due allenatori che di sicuro condividono le chiavi dell’aggressività, dell’intensità e della garra. Del pronti a tutto pur di primeggiare sull’altro. Gennaro Gattuso, ancora, contro Antonio Conte. Più “anziano” di undici anni, parecchio più avanti nel percorso da tecnico. Ringhio in carriera, da calciatore, ha vinto dodici trofei, ha vinto tutto quello che un calciatore può vincere, è salito sul tetto del mondo, sia con la Nazionale, sia con la maglia del Milan. Conte è stato e sempre sarà un simbolo della Juventus: 13 titoli, compresa la Champions League del ’96. Due ex centrocampisti, allineati dal cuore e dal sacrificio totale per la squadra. L’attuale tecnico del Napoli era anche più tosto e cattivo, meno capace con i piedi, compensati da una voglia irripetibile di mangiarsi campo, palcoscenico e avversari.

L’allenatore nerazzurro invece, in 420 presenze con i bianconeri, ha timbrato il cartellino 44 volte: vuol dire sì intelligenza tattica, ma anche attitudine ad avanzare e ad intuire il momento giusto per volare a metterci la propria firma. Di quelle pesanti, molto spesso. Quando Antonio inizia il suo cammino da primo allenatore, Ringhio alza la coppa del mondo sotto il cielo di Berlino dipinto d’azzurro. Il colore che ha ritrovato nella meravigliosa Napoli che, per lui, ha scelto di far fuori un Ancelotti cancellato dall’ammutinamento interno. Quando in panchina inizia Gattuso, invece, Conte consuma scudetti a Torino e cammina sulla strada per diventare un numero uno. Tre anni fa il Milan, sotto l’egida di Leonardo, chiama Gennaro per sostituire Montella alla guida del Diavolo, Conte al contempo è campione d’Inghilterra con il Chelsea dopo aver quasi compiuto un miracolo divino con la Nazionale.

8 titoli conquistato da tecnico, figura che traccia un profilo che, se paragonato a quello del calciatore, viene fuori una sperequazione illogica: Conte in panchina è proprio un’altra cosa. Sembra nato e concepito per urlare schemi e trasferire sentimenti all’interno dell’area tecnica. L’ex guardiano del centrocampo milanista, d’altra parte, sembra non aver mai compiuto il passaggio, certe volte pare quasi sia parte del gioco, pare quasi che all’improvviso qualcuno possa servirgli il pallone, a caccia del primo riconoscimento in una veste che in tanti faticavano a immaginare. Gattuso guadagna un dodicesimo rispetto ad Antonio da Lecce. Gli obiettivi sono differenti, per forza di cose. Ma stasera no. Al San Paolo, mai come prima, la missione è la stessa: portare in finale la propria squadra e provare ad alzare una coppa che ognuno dei due club reclama da tempo. TMW

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