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Capitan Hamsik deluso: “Ci tenevamo tanto a passare il turno, ora dobbiamo rialzarci e andare avanti”

Era quella l’Europa: una dimensione da favola nella quale lanciarsi, per viverla con gli occhi incantanti d’un fanciullo. Era quello il sogno: da attraversare a cresta alta, provando a tornare ad essere Hamsik, quello di due stagioni fa, non la sua controfigura che ormai vaga nel vuoto che lo circonda e però non lo disorienta. «Ci tenevamo a passare il turno ed è chiaro che ci mancherà partecipare alla Champions. La volevamo, ci abbiamo provato, l’abbiamo sfiorata per una manciata di minuti e poi l’abbiamo perduta. Ora bisogna rialzarsi e ricominciare, andare avanti».

SGUARDO SMARRITO. Era quella l’idea: immergersi nella Champions, sentirla, vibrare con la musica e con scenari da mille e una notte; e invece al san Mamés restano i cocci di un’impresa mai seriamente avvicinata, neanche in quel frammento tra l’andata ed il ritorno costruito da una rasoiata di Hamsik, utile per offrirsi in pasto all’incubo che ora travolge. «La sconfitta non ridimensiona il progetto e questa eliminazione non incide sulle mie scelte: io continuo a dire che qui sto bene e qui resterò finché sarò importante per il club e per i tifosi. Certo che fa male non poter giocare la Champions, ma questo è il calcio, lo sappiamo».

L’ERRORE. Uno, due, cinque: quelli dell’andata, nel finale; quelli del ritorno, sparsi ma soprattutto nella ripresa. Quelli nell’area altrui, quelli nella propria area; quelli che Christian Maggio si porta appresso, con il peso d’un macigno, assieme ai compagni d’una difesa sconcertante: «Abbiamo sbagliato la gara ma dire che è un fallimento non è giusto. C’era dentro di noi la voglia di far bene, ma sapevamo che sarebbe stata una serata difficile. Questo stadio non lascia scampo, però è chiaro che bisogna riflettere e guardarsi in faccia. Ma non demordere ed insistere, pensare al futuro che ci aspetta».

REAGIRE. Ma adesso rimane l’amarezza e mica solo quella: l’eco dei cori è nel san Mamés e la malinconia dei settecento arrivati sino a Bilbao è sfogo civilissimo ma mirato, desiderio umano di ritrovarsi una squadra rinforzata, solida, aggrappata ad un «progetto» che sia tale. Athletic Bilbao 3, Napoli 1 e a Maggio la partita sfila via dinnanzi agli occhi inumiditi, a quella tristezza che lo travolge e però lo spinge a ripartire. «Fino al primo gol eravamo andati più che bene, avevamo fatto una buona gara. Il loro pareggio ci ha fatto abbattere e non doveva andare così, perché a certi livelli le disattenzioni si pagano. Ora comincia il campionato e poi vedremo cosa sapremo fare in Europa League. Però certe situazioni andavano sfruttare diversamente».

SCUDETTO? Ci sono cose che si pensano e non si possono dire, mentre intorno c’è il buio assoluto e una delusione che spegne qualsiasi vibrazione: lo scudetto è la parola impronunciabile che pure s’ode nel san Mamés e ad a Maggio non resta che una veronica, uno scatto verso la realtà, chè quella che si vive (adesso) non quella che si può disegnare: «Ora dobbiamo rialzarci, dimenticare in fretta questa sconfitta e questa eliminazione e ricominciare. Il campo dirà cosa saremo in grado di fare». Adesso non si può…

Corriere dello Sport

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