E’ un Napoli indefendibile: Hamsik illude, poi gli azzurri si buttano via
L’audace colpo dei soliti noti sembra materializzarsi al minuto 2 della ripresa, quando il tiro di un Hamsik sin lì impalpabile affetta l’area di rigore, bacia il palo e irride Iraizoz. Non è la felice realizzazione di un contropiede, né il trionfo del glorioso calcio all’italiana dopo un primo tempo partenopeo semplicemente non pervenuto: è un colpo da celebrare con la mascherina nera sul viso e il piede di porco alzato al cielo, scusandoci con lo stadio ammutolito e fingendo di avere un impegno improvviso da assolvere altrove. Il problema è che il Napoli ne deve passare almeno altri 43, di minuti in quella bolgia (lo sbigottimento dura pochi secondi, poi la cagnara giustamente raddoppia), e la fragilità del suo assetto — miracolosamente in porto all’intervallo dopo due errori baschi a porta spalancata — non lascia ben sperare. E’ chiaro a tutti che la qualificazione passa ora per un rapido raddoppio, da confezionare mentre l’Athletic ancora barcolla per la sorpresa e l’inquietudine. Ma il 2-0 non arriva, malgrado un paio di contropiede riescano ad affondare negli spazi finalmente meno presidiati. E ciò che la dannata logica calcistica suggeriva, si avvera nel modo più umiliante.
Difesa horror Il Napoli si suicida. Sono due mesi che va a caccia di centrocampisti sul mercato, ma il modo in cui salta in aria l’intero pacchetto difensivo getta ombre lunghissime sul reparto anche in chiave campionato. Sull’1-1 Maggio cade con somma ingenuità nella trappola di Gurpegi, che lo blocca mentre Aduriz si libera: Albiol dovrebbe cambiare la marcatura ma resta fermo come se la cosa non lo riguardasse. Sul 2-1 ancora Albiol non spazza la pallonata senza pretese di De Marcos, nemmeno quando la folle uscita di Rafael, in visibile ritardo, fa balenare l’incombente disastro. Sul 3-1 la furbizia ai limiti del regolamento di Aduriz — che è in fuorigioco e non tocca la palla, ma certo non se ne disinteressa — lascia con un palmo di naso ancora Maggio e ancora Albiol. Se ci aggiungete l’emozionante prestazione di Koulibaly, che al pallone non da del tu e nemmeno del lei — non lo vorrebbe proprio vedere — prima di aggiungere altri centrocampisti sarebbe il caso di rifare la difesa.
Napoli senza gioco Ma se gli errori individuali e di reparto sono quelli che costano l’eliminazione, è alla totale assenza di un gioco che ci si deve riferire per spiegare una serata così infelice. Fuori in partenza visto il risultato dell’andata, il deludente Benitez lascia passare l’intero primo tempo senza minimamente curarsi di giocare. Chiude in qualche modo le vie d’accesso all’area, con Albiol costretto ad allargarsi sull’intero settore centrale perché Koulibaly non ne azzecca una, rischia soprattutto su corner e situazioni limitrofe (Gurpegi e Laporte si divorano due occasioni cantate), ma appena qualcuno conquista il pallone lo calcia in avanti in modo rugbistico, nella speranza che Higuain riesca a distillarci qualcosa. Di gestione non è il caso di parlare: i baschi hanno la pessima abitudine di piazzarsi su ogni linea di passaggio, e il loro pressing alto, oltre a smascherare alcuni imbarazzanti disagi tecnici dei partenopei, finisce invariabilmente per far arrivare la palla sui piedi di Gargano. Non proprio l’uomo deputato alla regia, ma di Jorginho non ci sarà traccia sino al fischio finale (ma Inler è così imbrocchito da non meritare nemmeno un minuto in due partite?). Callejon soprattutto e Mertens rinculano per aiutare i terzini, Hamsik si sbatte senza trovare una giocata, il solo Higuain ruggisce come un leone in gabbia, più che altro per trattenere un paio di baschi dalle sue parti ed evitare assembramenti in zona Rafael.
Speranza frustrata Il gol all’alba di ripresa, come si è detto, inaugura il quarto d’ora nel quale il Napoli avrebbe la sua chance: una finestra di tempo molto limitata ma vera, se almeno i limiti tecnici e tattici fossero riscattati dalla freddezza necessaria in certi momenti. Non succede, la deflagrazione della difesa partenopea manda avanti un Athletic che comunque nel momento più difficile ha trovato il suo gioco a sostenerlo, e il lungo tunnel del calcio italiano compie un’altra curva senza vedere la luce. Due sole squadre in Champions: siamo ancora ad agosto, ma è già tempo di vestirsi pesante.
La Gazzetta dello Sport