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Bivio Champions, per De Laurentiis futuro in tre mosse

NAPOLI-INTER-DELAURENTIIS-FOTOCUOMO-1Che sia un raffinato giramondo della panchina, che sia un giovane carrierista di sfrontate ambizioni, il crollo delle milanesi alla ventesima giornata ribadisce vecchie regole. Quelle che in Italia la Juventus rispetta meglio e molti club, invece, trascurano. Colpi di teatro, notizie choc di presidenti stranieri e cambi di allenatore non salvano gestioni fallimentari. Vince la forza tranquilla di società con programmi chiari, investimenti di lucido coraggio, agilità sul mercato. Più che Roberto Mancini e Filippo Inzaghi sono premiate le strutture che sanno arpionare con tempismo a «parametro zero» talenti come Paul Pogba, pescato tra i giovani senza contratto del Manchester United. Lo stesso, in tempi recenti per Kerley Coman. Affari che talvolta ha indovinato anche il Napoli. Valorizzando Cavani e Lavezzi ha incassato 90 milioni e avviato il Grande Progetto dell’estate 2013. Allestì una formazione incompleta ma di impronta moderna, la più vicina all’Europa nella formula e nella vocazione offensiva. A che punto è quel programma?

Discontinuo come sa essere in campo, il Napoli nel 2014 ha interrotto la crescita con una campagna confusa e rassegnata. Benitez, non senza difficoltà, ha di nuovo montato la squadra, stavolta con inferiore qualità media. Sembrano finalmente trovati gli equilibri tattici. I risultati sono solo ora di un grigio che tende all’azzurro. Stasera il Napoli può essere da solo al terzo posto: deve battere il Genoa in una prevedibile tempesta di reti. In campo si misurano squadre per un totale di 61 gol: 34 e 27 ciascuna in 19 gare. Il Napoli entra nel girone di ritorno con 33 punti, 9 meno dello scorso anno, 16 meno della Juve attuale sino a stasera. Discrete anche le prospettive: il Napoli potrebbe finire in zona Champions a 30 punti dalla squadra scudetto. Non male. Ma a Napoli e ai suoi sei milioni di tifosi nel mondo, e per uno dei primi venti fatturati d’Europa, può bastare un Napoli discreto? È l’ora delle scelte. Al di là di originali annunci, come azionariato diffuso e stadio attrezzato per calcio e concerti, il Napoli deve decidere: diventare l’autentico rivale della Juve in Italia e in Europa o volare a quote medie in una sempre più scadente serie A. La soluzione passa attraverso svolte delicate: allenatore, mercato, stadio. È giusto che De Laurentis e Benitez dicano in pubblico che parleranno di contratto solo fra tre mesi. È un atto di responsabilità per tenere alte le tensioni in squadra, rasserenare i tifosi, bloccare lo stucchevole toto-allenatore. Ma è opportuno che la decisione sia presa subito. Il rinvio della trattativa può essere solo un’incantevole e doverosa bugia. Perché nulla può cambiare in questi mesi. Il Presidente sa abbastanza sul tecnico per affidargli ancora la squadra. Così come Benitez sa fino in fondo che cosa il Napoli possa garantirgli per vincere. Grazioso il pretesto sulla distanza tra il Napoli e il Liverpool: non sono stati inventati aerei più veloci del jet privato che l’allenatore noleggia né sono cambiati fuso orario e meridiano di Greenwich. Se hanno deciso di separarsi che cosa hanno trovato di deludente l’uno nell’altro? Il mercato. Non c’è dubbio che a giugno, ora non più, il Napoli investa. Bisogna capire se confermare l’attuale struttura operativa: 13 milioni a gennaio per un buon giocatore costretto alla panchina è una contraddizione. Gabbiadini è il primo a soffrirne. Dal passato non arrivano ricordi migliori: 17 milioni per Inler, 12 per Vargas, 9 per Britos, non sono costati poco in rapporto al rendimento. Difficoltà anche nelle cessioni, se il Napoli non riesce a spedire in B al Varese l’inespresso Radosevic. Sullo stadio si parla di un «maquillage» parziale, in forma architettonica e finanziaria ancora tutta da capire. Tra Comune di Napoli e società, tra guerre e tregue, progetti e contrordini, la vicenda si annuncia più lunga della Salerno-Reggio Calabria. Sono altri però i motivi di interesse oggi. Che i tifosi ritornino, ancora prima che rifatto in questo stadio siano colmati vuoti ormai desolanti. Non va fallito infine il terzo posto, in solitudine. Può essere il decollo verso la Champions, un motivo più urgente dell’altro, Benitez e la squadra lo sanno?

Antonio Corbo per La Repubblica

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