Milan, soldi più vicini e Cina più lontana
(ansa) MILANO – Il fine settimana, che ha cambiato corso alla trattativa del Milan, lascia in eredità un centro di gravità completamente differente rispetto a quello degli ultimi otto mesi. L’asse si è spostato dalla Cina all’Europa con l’ingresso in campo della filiale londinese del fondo statunitense Elliott Management e la riduzione della catena di società nate a Changxing alla sola fiduciaria lussemburghese.
IN LUSSEMBURGO PIU’ GARANZIE – Secondo fonti finanziarie, la radicale modifica della filiera di società che faceva capo a Sino Europe è nata proprio dall’esigenza giuridica di Elliott Management di avere un riferimento all’interno dell’Unione Europea. Un conto, a livello di legislazione applicabile, è avere un debitore in Lussemburgo; un altro è averlo in Cina o a Hong Kong. Ecco perché, con un tratto di penna, è uscita di scena Sino Europe e tutte le altre dodici società di comodo a monte ed è rimasta solo la Rossoneri Sport Investment Luxembourg (RSI Lux) che in teoria avrebbe dovuto essere semplicemente l’ultimo anello della catena, il trampolino finale per ultimare finanziariamente l’acquisto. Invece adesso, di fatto, resta solo questo veicolo nel Granducato che ha “formalmente preso il posto” di tutto quello di cui si era parlato dal 5 agosto in poi. Resta il controllo di Yonghong Li su questa società (non è chiaro invece il ruolo di Chen Huashan, il fantomatico firmatario di molti documenti di questa vicenda che dovrebbe essere rappresentante legale anche di RSI Lux).
UN FONDO COME PROPRIETARIO – A questo punto la presenza di Yonghong Li è l’unico legame che resiste con la Cina. Ma bisogna chiedersi cosa rimarrà di cinese nel lungo periodo. Salvo colpi di scena da qui al 14 aprile, sarà questo uomo d’affari – patrimonio stimato 700/800 milioni e una carriera da intermediario nel trading di Borsa e delle materie prime (impossibile sapere di più) – a perfezionare il “closing” e risultare proprietario del Milan. Ma la possibilità di Yonghong Li di giocare un ruolo nel club rossonero del futuro è legata alla capacità di rimborsare un prestito da 300 milioni a tassi elevati che comporteranno un esborso di circa 30 milioni all’anno.
Prestiti assicurati fondamentalmente dalle stesse quote del Milan che rappresentano la vera garanzia per il fondo Elliott (i beni personali di Yonghong Li da soli non possono bastare) in questa operazione ormai quasi completamente a debito. Oneri che possono già far dire da adesso che il fondo Elliott potrebbe in un futuro prossimo diventare proprietario del Milan con uno scopo ben preciso: rivenderlo per guadagnarci perché si tratta di un hedge fund che non ha nel suo dna la gestione a lungo termine di un’azienda, ma semplicemente la volontà di trarre il profitto più elevato possibile dalla negoziazione delle sue partecipazioni. Il Milan del presente è sospeso su queste gioco di equilibri economici internazionali. Per fare l’ultimo passo della transazione si è dovuto affidare a un hedge fund, ciò che di più speculativo esiste sui mercati internazionali. A riprova che finora questa trattativa è stata condotta senza alcuna effettiva solidità alle spalle dal punto di vista industriale da parte di Yonghong Li e soci.
I RAPPORTI CON LA CINA – Di sicuro si chiude una fase di otto mesi vissuta all’insegna di uno stillicidio di caparre dal valore enorme – 300 milioni complessivi – versate in una quasi totale assenza di informazioni al punto che l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, è andato in Procura a Milano per tracciare l’origine di questi versamenti. Ora la trattativa riemerge avendo come interlocutore un soggetto finanziario statunitense noto in tutto il mondo e protagonista di operazioni su scala globale (recentemente nella creazione di una società londinese, poi liquidata, il fondo Elliott aveva incrociato anche Paolo Scaroni, ex numero uno dell’Eni, ora vicepresidente di Rothschild, advisor dei compratori cinesi nella trattativa Milan e piccolo azionista del club rossonero in virtù dei suoi ottimi rapporti con Berlusconi). Proprio per questo occorre chiedersi cosa resta di cinese in questa vicenda. Come sarà possibile sviluppare quei piani di marketing commerciale in Cina, che avrebbero dovuto essere un perno di tutta l’operazione, se ora la struttura è esterna alla Cina? Come è possibile immaginare che Yonghong Li possa trovare risorse cinesi per rimborsare il prestito, proprio ora che la struttura è uscita completamente dalla Cina? Sarà lui a guidare la nave verso l’approdo del “closing” e la fase immediatamente successiva, ma all’orizzonte si intravedono già altre bandiere.
MONTELLA PRUDENTE – In questa situazione ancora nebulosa Vincenzo Montella preferisce non sbilanciarsi: “Sinceramente non ho seguito molto la questione closing – dice l’Aeroplanino a Coverciano per la votazione della Panchina d’oro – non ho speso molte energie in questo discorso. Quello che sarà lo vedremo, è una cosa più grande di noi e aspettiamo gli eventi per poter giudicare”. L’allenatore rossonero chiarisce quali sono le sue intenzioni in questa fase di transizione con possibile ingresso di una nuova dirigenza: “Il mio futuro? Vediamo cosa pensano ma ho un contratto col Milan e da parte mia non ci sono problemi”.
fondo elliot
- Protagonisti:
- Yonghong Li
- vincenzo montella
Fonte: Repubblica