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Vanni Sartini: “Insegno agli americani come si fa l’allenatore”

FIRENZE Vanni l’anno scorso è emigrato in America. Da Firenze a Chicago per insegnare calcio. La federazione Usa lo ha voluto per formare gli allenatori del futuro. Vanni Sartini ha 40 anni, è fiorentino, e dopo aver masticato pallone a Coverciano adesso gira gli Stati Uniti per rivoluzionare il mondo del soccer.

Perché la federazione americana ha scelto proprio lei?
“Ho avuto il primo contatto nel settembre 2015 a Bratislava, a una riunione delle scuole allenatori europee. Conoscevo bene Nico Romeijn, direttore della formazione degli allenatori della federazione americana e in quella occasione mi illustrò il progetto e mi chiese se la cosa poteva interessarmi. Poi ho fatto colloqui e incontri con i dirigenti della federazione e a gennaio 2016 ho firmato il contratto, che scade nell’aprile 2019”.

Come ha iniziato?
“Sono stato un calciatore dilettante, portiere in Prima, Seconda e Terza categoria. Nel 2003, dopo aver fatto il master in Management dello sport dell’Università di San Marino sono stato assunto dal Centro studi e ricerche del Settore tecnico di Coverciano. Ho passato alcuni anni a fare statistiche e ricerche e nel frattempo ho iniziato ad allenare nei dilettanti. Nel 2009 la Uefa ha lanciato un programma chiamato Study Group Scheme, scambio culturale obbligatorio tra i tecnici delle diverse federazioni e, visto che avevo il diploma di allenatore e una buona conoscenza delle lingue mi è stato chiesto di essere il rappresentante italiano. È stata una svolta. Ho girato l’Europa, mi sono formato come allenatore e istruttore di allenatori e ho ampliato i miei orizzonti. Intanto, sotto la guida di Renzo Ulivieri, ho continuato il mio percorso a Coverciano nella scuola allenatori. Fino alla chiamata della federazione americana”.

Che tipo di lavoro svolge per la federazione?
“Formo gli allenatori. Insegno al corso necessario per allenare in Mls, ma faccio anche parte di un team che sovrintende all’intera educazione degli allenatori statunitensi, di qualsiasi livello. Inoltre cooperiamo con tecnici e osservatori delle nazionali giovanili, in modo da creare un protocollo comune per lo scouting di calciatori e la metodologia di allenamento nelle nazionali giovanili”.

Qual è il livello attuale del calcio americano?
“La Federazione ha investito molto creando il sistema delle Development academy, un campionato nazionale dei settori giovanili, e i risultati si stanno vedendo. I vivai producono ottimi giocatori e le nazionali di categoria, specialmente la Under 17, hanno già fatto risultati importanti. La Mls è ancora un torneo caratterizzato più dall’agonismo che dalla tattica, però sta crescendo”.

Come è vista negli Usa la fuga di campioni verso la Cina?
“La cultura americana è ” money driven”, i soldi comandano e qui è naturale che un professionista scelga di andare nel posto dove la remunerazione è maggiore. Per fortuna la Mls ha scelto un altro percorso, con regole che premiano il lavoro delle Academy e con il salary cap”.

Che effetti ha avuto il tetto salariale?
“A livello di sistema ha garantito nel corso degli anni una crescita continua e non “folle” degli investimenti nelle squadre e, a livello tecnico ha evitato differenze abissali tra grandi e piccoli club. Non a caso negli ultimi 11 anni otto squadre diversi hanno vinto il torneo”.

Perché un giocatore o un allenatore italiano dovrebbe venire negli Stati Uniti?
“Il livello del campionato sale di anno in anno e dal punto di vista dell’organizzazione, del tifo e degli stadi la Mls vale un campionato europeo”.

Giocatori della Mls che potrebbero giocare in Italia?
“Due giovani: Keegan Rosenberry, esterno difensivo dei Philadelphia Union e Jordan Morris, attaccante dei Seattle Sounders”.

C’è anche un allenatore pronto per venire da noi?
“Conosco la maggioranza degli allenatori della Mls e sono di ottimo livello. Però non so ancora se siano pronti per affrontare la serie A. Anche se molti di loro ne hanno sicuramente la potenzialità”.

Lei ha fatto anche un’esperienza in panchina con Nicola a Livorno: mai pensato di seguire quella strada?
“Io sono prima di tutto un allenatore: se e quando capiterà l’offerta giusta sarò ben contento di ritornare in pista anche a livello di club”.
 

Fonte: Repubblica

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