BRASILE 2014

Sabella incorona Messi: «Con lui siamo da titolo, ci farà vincere come Maradona»

All’ombra di Messi non si sta male. Ma prima o poi bisognerà anche uscirne. All’Argentina sta succedendo un po’ quel che capita in tutte le squadre che vanno avanti con ambizione. Nessun outsider della provvidenza, nessun centravanti, fatta eccezione per Benzema. Decidono i numeri 10: Neymar, James Rodriguez, il buon vecchio Wesley Sneijder. Messi fino a prova contraria è il re dei numeri 10. Anche ieri Alejandro Sabella ha spronato il suo risolutore alla vigilia della prima sfida dentro o fuori con la Svizzera: «Leo il miglior giocatore del mondo, è decisivo come lo è stato Maradona nel 1986». Un’investitura in piena regola. E una grande responsabilità. Solo che ci sono un paio di differenze non da poco. La Seleccion dell’86 era Diego e non molto altro e quel Mondiale lo vinse approfittando di rivali non eccelsi. Qui la musica è un po’ diversa. Ci sono avversari accaniti ma l’Argentina sfoggia un attacco stellare. Almeno sulla carta. Soltanto che fino ad ora in gol oltre a Messi c’è andato Rojo, che di mestiere fa il difensore.
Malcontento Sabella carica Messi ma sa bene che andando avanti il fenomeno potrebbe non bastare più. E lo ammette: «Dobbiamo migliorare, da adesso in poi non sono più ammessi errori. Comunque nell’ultima gara con la Nigeria abbiamo fatto passi avanti: la squadra ha giocato da 7». Generoso. Ci sono stati molti tiri in porta, qualche occasione in più ma questa non è ancora l’Argentina che la gente si aspetta. Nonostante il girone di qualificazione superato a punteggio pieno c’è malcontento nella critica e nei tifosi. La squadra che nelle qualificazioni dava spettacolo, quella che segnava 3 o 4 gol a partita e una volta conquistata palla in 10 secondi arrivava in porta, è ancora lontana da venire. E sulla difesa si nutre qualche dubbio. La Svizzera è il primo vero rivale tosto, è arrivato il momento verità. Fuori dall’ombra di Messi, deve uscire il gioco.
Tocca a Lavezzi? Facile dire cosa c’è che non va: manovra troppo lenta, centrocampisti che faticano a innescare le punte. Se in questa squadra in mezzo c’è Gago non è per fare da frangiflutti, ma per innescare rapidamente l’attacco. E questo finora s’è visto poco. In più, Zabaleta soffre una fascia destra lasciata spesso sguarnita. Un’Argentina disegnata così non può che avere un obiettivo: fare sempre un gol più degli avversari. Ma, appunto, finora i compagni del gol di Messi latitano. Higuain in nazionale non segna addirittura dall’amichevole dell’agosto scorso contro l’Italia: 10 mesi. I rumors lo danno sereno e in crescita dopo l’infortunio patito nella finale di coppa Italia. Lui stesso carica la squadra: «Se proseguiamo con lo stesso spirito e la stessa voglia possiamo realizzare il sogno che tutti vogliamo». Higuain ci sarà, Aguero no, bloccato da un serio infortunio. Per quello che aveva mostrato il Kun finora, poco male. Sabella fa pretattica («Non posso dare la formazione») e nell’ultimo allenamento ha provato anche un 4-4-2 con Maxi Rodriguez al suo posto. Ma è probabile che decida di far giocare Lavezzi per restare con un 4-3-3 più coperto. Dice: «La particolarità di Ezequiel è che può essere sia attaccante che centrocampista di destra, può districarsi al meglio nelle due fasi. Così posso avere due schemi con la stessa formazione». Il Pocho potrebbe dare la rapidità che finora l’Argentina ha avuto solo dalla sinistra dove agisce Di Maria, l’unico già uscito dall’ombra di Messi. Adesso tocca agli altri, Higuain in primis.

La Gazzetta dello Sport

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