Ansaldo è stato uno dei migliori giornalisti sportivi, probabilmente il miglior cronista, tra quelli che si sono formati negli anni ’80. Piemontese, professionista dal 1984, ad assumerlo al Corriere dello Sport, dapprima a Genova, fu Giorgio Tosatti, garanzia di qualità. Poi Repubblica, redazione torinese, infine La Stampa, il giornale della sua vita.
Giornalista sportivo, non solo calcio. E non solo sport. Dal ’90 ha seguito tutti i Mondiali, ma l’evento che amava di più erano le Olimpiadi, invernali ed estive. E i Mondiali di scherma, sport che praticava una dei due figli. Cronista purissimo, talentuoso, naturalmente portato a stare lontano dalla redazione, e pure dai luoghi comuni, penna gradevole, brillante, ironica, sorprendente. In conferenza stampa, la sua domanda era tra le più attese, perché non aveva paura di nessuno. E forse anche per questo era tra i più stimati e rispettati dai colleghi e dai campioni che ha raccontato. Una persona ricca, che arricchiva chi gli stava intorno, a cominciare dai tanti compagni di trasferta di una vita vissuta sul campo. Amava collezionare peperoni piccanti, di ogni genere, che portava a casa da ogni viaggio in giro per il mondo. Più piccanti erano, più ne comprava, più ne mangiava. Gli piacevano i sapori forti, non banali. Come i suoi pezzi, mai insipidi. Triste sapere che non si potrà provare a convincerlo a interrompere quella vacanza, e a tornare fare il suo lavoro. Triste non poterlo più leggere.
Addio Marco, grande cronista che ha onorato questo mestiere.