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Perchè la Juve si e Fiorentina e Napoli no..

Trabzonspor-Napoli HiguainPortiamo in finale una squadra sola. Ok, dire «una squadra sola» suona un po’ da spacconi. Non è che siamo abituati a giocarci una coppa europea a ogni stagione; aver portato la splendida Juve a Berlino è già grasso che cola, ma con tre club nelle semifinali era legittimo sperare di più. Invece la Fiorentina ha ribadito la netta inferiorità sul Siviglia e il Napoli non ha segnato il gol qualificazione al piccolo Dnipro. Anzi, lo ha preso. Peccato. Ma, evaporata la delusione, non disperdiamo l’orgoglio di queste tre squadre italiane in semifinale, che segnano comunque un Rinascimento. Sono arrivate lontano con merito e con logica, premiate da un progetto di gioco raffinato nel tempo con sapienza, in linea con i parametri europei: l’intensità aggressiva di Conte-Allegri, la qualità di palleggio di Montella, l’esasperazione offensiva di Benitez. Sono state buone ambasciatrici del nuovo calcio italiano. Anche grazie alla lezione azzurra di Prandelli, hanno saputo andare oltre la tradizione del contropiede. Ma c’è una logica anche nel fatto che la Juve ce l’abbia fatta e le altre due no. Cos’è mancato a Fiorentina e Napoli? Il palleggio di qualità è un’ottima idea di riferimento per edificare una squadra. Montella lo ha fatto bene, ma poi serve il resto: quelli che fanno i gol, quelli che non li fanno fare, i leader dall’anima grande. E qui la Fiorentina non è mai cresciuta completamente. Immaginate la faccia di Buffon se i suoi difensori avessero preso i cinque gol balordi presi dai viola contro il Siviglia? Un carnevale di errori. Il sivigliano Bacca ha spiegato in due partite quanto pesi un attaccante concreto. Non si vive di solo tiqui taka. Dopo due anni, la Fiorentina rischia di ridursi a museo, a ostentazione di bellezza; rischia di implodere, perché le vittorie fanno crescere, danno sicurezza, e se non cresci, ti rimpicciolisci. L’ultimo gradino, quello che trasforma un campione in un fuoriclasse, sembra il più basso, il più agevole, e invece è il più ostico. Come conferma Higuain, splendido centravanti, ma ancora una volta incompleto. Ha sbagliato il gol della vita nelle finale mondiale con la Germania e quelli della qualificazione in queste due semifinali. Pippo Inzaghi era meno forte di lui, ma aveva la grazia magica dell’inesorabilità: decideva nei momenti più importanti. A naso, ce l’ha anche il giovane Morata. Il Pipita no. Il paragone tra i due ex Real spiega i destini di Juve e Napoli. Ma non solo. Benitez non ce li ha guerrieri trascinanti come Bonucci, Chiellini, Vidal, Tevez… Il Napoli, troppo abituato a scaricare colpe sui fattori esterni, ricco di gente che medita di andarsene (Benitez, Higuain…) non ce l’ha l’orgoglioso spirito di lotta e appartenenza che ha consentito alla Juve di sopravvivere nell’inferno del Bernabeu. Peccato che in finale ci sia «solo» la Juve. Ma forse è giusto così.

La Gazzetta dello Sport

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