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Davide Nicola: “Falcinelli e psicologia, così salverò il Crotone”

CROTONE. DAVIDE Nicola, la vittoria sull’Inter è stata la più importante della sua vita?
“Spero di no. Ho delle ambizioni e delle visioni: ciò che voglio raggiungere davvero arriverà più in là, verso fine carriera. Il 2-1 sull’Inter è il coronamento di un percorso. Nelle ultime due partite abbiamo sintetizzato identità di gioco, qualità, consapevolezza e un pizzico di fortuna”.

La salvezza è più vicina?
“Abbiamo un calendario durissimo, ma ci proviamo. Ho promesso che se ci salviamo andrò in bici da Crotone a Torino: sarà una faticaccia ma una pacchia, al confronto di quel che ci aspetta in queste 7 partite. Per fortuna abbiamo un club che ha un progetto e ha dato fiducia all’allenatore e al gruppo, togliendo alibi a tutti: in pochi ci riescono. Altri non vogliono un allenatore, ma un gestore, o forse uno che intercetti solo i colpi di culo”.

L’allenatore di serie A: tecnico, tattico o psicologo?
“Tutte queste cose insieme. Ma allenare, in senso etimologico, vuol dire “rendere adatto”. Si allena l’uomo. Creare consapevolezza delle sue potenzialità. La maggior parte delle persone non si conosce bene. Se chiedi a uno di descriversi ci mette 20 minuti a rispondere, se poi chiedi “chi sei” lo metti proprio in crisi. I giocatori idem: spesso non conoscono i propri punti di forza e le aree di miglioramento, o li confondono. Il mio lavoro è creare consapevolezza, renderli padroni di se stessi. Mai concentrarsi solo sui difetti, ma aprire la mente per puntare sui pregi. Lo dicono anche i più grandi studiosi di neuroscienze: se la tua analisi è buona e stabilisci la giusta connessione tra potenzialità e obiettivi, il gruppo darà qualcosa in più”.

Conoscere se stessi è tutto. Come la motivazione.
“Sì, ma non bisogna conoscersi troppo, basta capire come ragioni e funzioni. Non mi piace la parola “motivazione”, concetto vago che non vuol dire niente”.

A lei non piacciono etichette e verità assolute, vero?
“L’unica certezza che ho è il dubbio. Non potrei essere diverso. Odio le cose immutabili, o i valori e le verità assolute”.

I suoi giocatori ci hanno detto: vorremmo salvarci anche per il mister, persona splendida.
“Ma no, devono salvarsi per loro stessi. E anch’io in fondo li voglio salvare per le mie ambizioni, e perché sono la loro guida. Riuscire a salvarli significa dimostrare il valore di quello che ho detto loro. Un discorso prettamente egoistico. Forse anche quando decidiamo di aiutare gli altri lo facciamo per gratificare noi stessi, o no?”.

Falcinelli è il più bravo?
“I numeri ora dicono questo. E pensare che a inizio stagione di numeri non ne avevamo proprio, partivamo da zero, nessun riscontro oggettivo. Falcinelli è stato bravo a venire qui a mettersi in discussione. Ma tutti sono cresciuti: Stoian, Crisetig, Barberis che nessuno sapeva chi fosse, Ceccherini e Ferrari, Trotta che forse è quello migliorato di più”.

È vero che la serie A è crollata come livello tecnico?
“Da sempre le generazioni precedenti criticano quelle successive… già Platone scrisse un testo sui vecchi che disprezzano i giovani, no? Non è vero che il campionato peggiora, in realtà lo sport si evolve, dovremmo solo studiarlo in modo più approfondito. Cambiano gli atleti e le regole: è un mondo in divenire”.

Ambizioni nella vita?
“Sono così elevate, come uomo e come allenatore, che nemmeno gliele posso dire”. Le piacerebbe essere più Guardiola, Mourinho o Ancelotti? “Vorrei che un giorno facessero questa domanda a loro, chiedendo di me”.
 

Fonte: Repubblica

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