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Totocalcio, 38mila italiani ancora inseguono il mito della schedina

Il mito è finito tra le pagine chiare e le pagine scure della nostra esistenza, di chi ha quarant’anni o giù di lì. 1X2 era l’archeologia dei nostri sogni, oggi è pura resistenza di qualcosa che non abbiamo smesso di sognare, la ricchezza che non c’era e adesso c’è, grazie a qualche segno sulla carta. Grazie alla schedina.

Ha 71 anni il Totocalcio, nonno di molti nipoti, è cambiato ma non si è svecchiato, la schedina oggi ha 14 righe e nemmeno più le partite stampate, solo 14 righe di 1X2, per le partite chiedere al tabaccaio, vi darà un foglietto a parte, Atalanta-Bologna, l’Atalanta quasi sempre prima, la Juve più o meno al centro, e infine le partite che nessuno sa come andranno, stavolta erano Mantova-Lumezzane, Sambenedettese-Santarcangelo, Vibonese-Catanzaro.

Contava sapere di calcio, per vincere la schedina? Conta, oggi? No, contava un’altra cosa, molti giocavano lo stesso schema sempre, come i numeri del Lotto, sempre quelli, tanto presto o tardi il Catania a Torino vincerà, come accadeva a Lino Banfi in “Al bar dello sport”, doppietta di Cantarutti, improbabile quindi 13, oggi basterebbe per acquistare una bella macchina, una volta era la fortuna di una vita.

La schedina era nata nel 1946, da un’idea di Massimo Della Pergola, ebreo triestino. Lo slogan della neonata Sisal era “tentate la fortuna al costo di un vermouth”. Davvero, costava 30 lire. Pietro Aleotti, di mestiere artigiano del legno, costruiva bare, nel 1947 fa il colpaccio: 64 milioni con il 12. Il 13 arriverà solo nel 1950-1951. Il Coni intanto ha fiutato l’affare e la schedina alimenta lo sport italiano a partire dal 1948: gli azzurri vanno alle Olimpiadi con i soldi dell’1X2, fino a quando, è il 2005, il foglietto da compilare con i risultati torna ai Monopoli di Stato. Separazione consensuale, perché dopo gli anni del boom, dopo i record – nel 1993, montepremi superiore ai 34 miliardi di lire, e durante lo stesso anno si registrano le vincite più alte, oltre 5 miliardi e mezzo – puntuale ecco il declino. L’assassino, facile immaginarlo, combatte la stessa guerra ma con mezzi diversi. “Quando la schedina del Totocalcio ha cominciato a convivere con le scommesse sportive legali secondo un processo naturale che, in altri Paesi, era partito molti anni prima, ha imboccato la strada di un naturale ridimensionamento”, spiega Giovanni Emilio Maggi, direttore Rapporti istituzionali del Gruppo Sisal. “Gli stili di consumo dei giochi si sono fortemente modificati negli ultimi dieci, quindici anni. Con l’avvento delle pay per view e la conseguente frammentazione del calendario del campionato, la schedina ha lasciato sempre più il passo alle scommesse sportive. Non vediamo dunque una perdita di appeal legato a un minor interesse per il calcio, che mantiene un alto livello di coinvolgimento e partecipazione, ma piuttosto una difficoltà legata alla formula del gioco, non più attuale per le evoluzioni che ci sono state nel mondo di riferimento di Totocalcio”.

Chi volesse, chi appartiene alla schiera dei nostalgici, chi crede alla fortuna di una volta, ha un posto certo in cui recarsi, la tabaccheria, anche se la domanda oggi un po’ sconvolge, “mi dà una schedina?”, “schedina?”, “non avete la schedina del Totocalcio?”, “oh sì, ma non la chiede più nessuno” (dialogo reale avvenuto in una tabaccheria romana), “perché no?”, “oggi chi entra qui fa il Superenalotto, il Lotto, le scommesse sportive vanno molto online “, e insomma, la fortuna fa progressi, diciamo.

Fare “14” in effetti nemmeno suona bene, ma chi sono, che fanno, dove vivono “quelli della schedina”? Nel 2016 si è giocato di più in Lombardia, poi in Campania e in Puglia. Una schedina, minimo due colonne, costa un euro, se ne possono giocare al massimo 8.192. Il montepremi medio si aggira sui 200mila euro, ci giocano ancora circa 38mila appassionati, soltanto 5mila invece gli aficionados del Totogol. Si vince anche col 13, col 12 e col 9, vincite simboliche o quasi, meno si è e più si vince, come sempre. Esiste un premio fedeltà, 100 euro per i supernostalgici, gli appassionati che raggiungono quota 15mila colonne giocate.

I vincitori di oggi magari lo raccontano in giro, vanità vietatissima un tempo, ne parlano non già per vantarsi dei molti soldi vinti ma dell’aver solo e soltanto giocato su un gioco, il calcio, lui sì immutabile, la schedina no. Il futuro è un forse: “ci stiamo pensando, il ripensamento della formula potrebbe favorire l’ipotesi di un rilancio, il Totocalcio è uno dei patrimoni storici italiani”. E magari tornerà a cantarla, Claudio Baglioni, “due mesetti in Val Gardena, se pareggerà il Cesena”, era il 1975, nel Cesena i gol li segnava Bertarelli e li sognavamo noi.

Fonte: Repubblica

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