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Mondiali, guida al Girone B (Spagna e Portogallo)

La brutta amichevole giocata contro l’Olanda.

A livello di sistema, il Portogallo non è cambiato granché: mantiene la sua semplicità di gioco, con movimenti codificati (dei due centrocampisti, uno – William – scherma la difesa,  l’altro – Adrien Silvia – si occupa della metà campo avversaria; dei due attaccanti, uno si muove verso il pallone e l’altro attacca la profondità) e con la ricerca continua di Cristiano Ronaldo. D’altronde, più alto sarà il volume di tiri di CR7, più alte saranno le probabilità per i portoghesi di avanzare nel Mondiale.

Il vero grande cambiamento è la presenza di Bernardo Silva, che dopo una stagione di grande livello nel Manchester City è un giocatore diverso, molto più maturo, e capace di dominare il contesto creativo sulla trequarti, accentrandosi, e soprattutto puntando l’uomo. Il centrocampo portoghese ha perso la fisicità di Renato Sanches, ma ha guadagnato la tecnica e l’accelerazione di Bernardo Silva: per noi spettatori potrebbe essere un vantaggio.

Ciò che non sembrava funzionare, rispetto al solito, è la tenuta difensiva della squadra: ben 6 gol subiti nelle ultime 4 amichevoli, e in generale una sensazione di fragilità completamente diversa da quella degli Europei e delle qualificazioni ai Mondiali (ben 7 clean sheet su 10 partite).  Poi nell’amichevole contro il Belgio si è vista la tradizionale affidabilità difensiva, con i due centrali a loro agio contro la fisicità belga: e tra le due squadre, proprio quella portoghese ha fornito l’impressione migliore. Non è quindi sbagliato aspettarsi un ritorno di Santos agli atteggiamenti tattici di due anni fa: lasciare agli avversari la gestione del gioco, costringerli all’errore chiudendo completamente spazi e linee di passaggio, affidarsi alle capacità risolutive dei suoi tanti talenti.

Le amichevoli servono proprio a questo, a sbagliare: l’errore che invece non dovremmo fare è quello di sottovalutare il Portogallo, una squadra che sembra perfettamente a suo agio nelle competizioni brevi (l’anno scorso eliminata solo ai rigori dal Cile in semifinale di Confederations Cup), in cui la classe dei suoi talenti è ben mescolata (a volte troppo, quasi castrata) con il pragmatismo del sistema di gioco, e che può schierare il miglior finalizzatore al mondo. Il Portogallo noioso, snervante ma solido degli Europei (nei 90 minuti, solo una vittoria su sette partite): quella ricetta può ancora funzionare, anche se la conoscono tutti.

Come è arrivato l’Iran a questo Mondiale?

Emanuele Mongiardo

L’Iran si appresta a partecipare al quinto mondiale della sua storia e per la prima volta ne disputerà due consecutivamente. Queiroz, con molta fatica, è riuscito a imprimere una svolta decisiva alla storia calcistica del paese, tanto da rendere la sua squadra inferiore solo al Giappone nel contesto asiatico. Una crescita ancora più netta se confrontata col complicato percorso di qualificazione a Brasile 2014: dopo una serie di risultati deludenti, gli uomini di Queiroz erano riusciti a ottenere il pass per il Brasile solo all’ultima giornata, grazie a una vittoria contro la Corea del Sud passata alla storia per l’esultanza sfacciata del CT portoghese nei confronti del collega sudcoreano.

Stavolta invece il percorso di qualificazione è stato agevole. L’Iran è stata la seconda squadra in assoluto, dopo il Brasile, a qualificarsi al mondiale, dopo la vittoria per 2-0 contro l’Uzbekistan. Il percorso del Team Melli è stato lineare, connotato da una certa superiorità nei confronti anche di un avversario storicamente superiore come la Corea del Sud. Un dominio fotografato nitidamente dai numeri: su 18 partite disputate nei due gironi eliminatori l’Iran ne ha vinte 12, non ha mai perso e ha subito la miseria di 5 gol, di cui due dalla Siria a qualificazione già ottenuta. Ma il vero termometro della crescita iraniana non sono tanto i numeri, quanto la qualità della rosa a disposizione, migliorata a vista d’occhio rispetto a quattro anni fa.

In Brasile ad esempio la stella più attesa era Gucci, punta nata in Iran ma cresciuta in Olanda, che verosimilmente in Russia partirà dalla panchina. L’operazione di scouting di giocatori con origini iraniane sparsi in tutto il mondo avviata da Queiroz è andata a buon fine. Se l’Iran ha raggiunto con tanta tranquillità il mondiale lo deve soprattutto alla presenza di giocatori “europei” che hanno imposto la propria caratura tecnica in un contesto di livello più basso come il girone di qualificazione asiatico.

Da segnalare soprattutto Azmoun, punta del Rubin Kazan che ciclicamente finisce sul taccuino di Igli Tare; Mohammadi, terzino del Terek Grozny dalla velocità supersonica, e Ansarifard, vice capocannoniere del campionato greco con l’Olympiacos. Menzione a parte per Alireza Jahanbakhsh, guida tecnica della squadra e top scorer dell’Eredivisie. L’ala dell’AZ Alkmaar è un giocatore dotato di un ottimo dribbling e di un tiro esplosivo, sia di destro che di sinistro, oltre a disporre di una buona velocità e un fisico particolarmente robusto. Dai suoi tiri e dal suo istinto per gli assist passano molte delle possibilità dell’Iran di disputare un mondiale dignitoso. In un girone così complicato, Queiroz proverà a limitare i danni col suo 4-1-4-1 reattivo, che difenderà basso e proverà ad attaccare con i cross e la riconquista delle seconde palle. Purtroppo, il girone di qualificazione non è un campione affidabile per misurare la forza dell’Iran che, a causa delle sanzioni che da anni affliggono il paese, non è riuscito neanche a organizzare amichevoli di livello in vista del mondiale. Vincere col Marocco sarebbe già un risultato storico per il Paese.

Fonte: Sky

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