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Gol in trasferta e quinto cambio: l’Uefa valuta le modifiche volute dagli allenatori

ROMA – In principio, e fino a fine anni Sessanta, c’era la monetina. Non si era individuato altro modo per risolvere la parità assoluta dopo due confronti, uno di andata e uno di ritorno, nelle coppe europee. Poi dalla stagione 1967-1968 venne introdotta la “away goal rule”, il gol fuori casa che valeva doppio (il primo decisivo lo segnò Eusebio al Glentoran nel settembre ’67), o meglio, per l’esattezza: a parità di gol fatti e segnati nel doppio confronto, vince chi ha segnato più gol fuori casa. La introdussero nelle coppe e solo più tardi anche nei confronti per nazioni: infatti l’Italia si qualificò per la finale degli Europei del 1968 dopo uno 0-0 in semifinale con la Russia, poi la monetina di capitan Facchetti portò l’Italia in finale.

Ma adesso alcuni tra gli allenatori più importanti d’Europa, riuniti a Nyon nel Forum Uefa (Allegri Ancelotti, Benitez, Sergio Conceição, Fonseca, Garcia, Günes, Lopetegui, Mourinho, Simeone, Tuchel e Wenger), vorrebbero cambiare la regola. Non radicalmente, nel senso che c’è chi vorrebbe mantenerla in caso di partite che terminino al 90’. Però si spinge per abolire l’efficacia del gol segnato in trasferta in caso di partita che vada ai supplementari. Almeno ai supplementari, dicono gli allenatori, ossia quando si superano i 180 minuti di confronto e ancora non si capisce chi è il migliore, il valore del gol in trasferta dovrebbe essere attenuato, così è troppo pesante, non è giusto, e lo dicono in tanti, e dato che si tratta dei tecnici più importanti che ci siano, magari l’Uefa ascolterà il loro suggerimento (insieme alla richiesta di una quinta sostituzione nei supplementari, altra richiesta uscita dal Forum di Nyon).

Quello di evitare la pesantezza del gol in trasferta nelle coppe è peraltro un tema che è vivo, anche se sotto traccia, già da anni. C’è chi vorrebbe abolirlo del tutto, e tra i più tenaci nella proposta c’è Arsene Wenger, che a Nyon ha ribadito le sue convinzioni. Di sicuro verrebbe meno un certo pathos a cui ormai tutti sono abituati, anzi cambierebbe quasi sostanzialmente il modo di giocare un doppio confronto europeo.

E verrebbero meno storie come quelle del famoso derby in semifinale di Champions 2003 tra Milan e Inter: 0-0 all’andata e 1-1 al ritorno, che si giocava in casa dell’Inter, quindi in finale (contro la Juventus) andò il Milan, grazie al sorteggio che gli aveva regalato la partita in trasferta al ritorno, e grazie anche a una parata in extremis di Abbiati su Kallon: se la palla fosse entrata, la storia del calcio italiano di quegli anni sarebbe cambiata radicalmente.

Ma anche la Roma, nell’ultima sua cavalcata in Champions, ha beneficiato della regola che ora vogliono abolire: negli ottavi passò ai danni dello Shakhtar con la vittoria per 1-0 nel ritorno dell’Olimpico, dopo aver perso 2-1 all’andata, per non parlare dell’indimenticabile 3-0 al Barcellona nei quarti, dopo l’1-4 del Camp Nou. Di esempi ce ne sono a decine, anche andando più indietro nel tempo: la regola del gol in trasferta ha segnato la storia delle coppe internazionali, modificando anche le strategie e il modo di stare in campo.

All’inizio fu un po’ dura inserirla, al punto che un arbitro, l’olandese Laurens van Raavens, nel 1972 combinò un pasticcio: Sporting Lisbona-Rangers Glasgow finì 4-3, dopo il 3-2 per gli scozzesi dell’andata, lui si confuse, sbagliò i calcoli e mandò le squadre ai rigori. Vinse lo Sporting ma i Rangers fecero ricorso, perché la vittoria spettava a loro. Il ricorso fu ovviamente accolto, e l’arbitro van Raavens fu mandato in pensione. Ma era un altro calcio, un altro mondo.

Fonte: Repubblica.it

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