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Juventus, una fuga firmata da “fenomeno” Pogba

TORINO – Ventidue anni (quasi) e ventidue gol, Paul Pogba è quanto di più stupefacente abbia oggi il calcio italiano: difatti se lo godrà ancora per poco. Non esiste al mondo un centrocampista della sua età così bravo e soprattutto così decisivo, visto che in tre stagioni (e la prima è stata sostanzialmente di apprendistato) ha già squartato la concorrenza, segnato con la frequenza di un discreto centravanti e, soprattutto, attirato gli occhi del mondo su di sè. Un giorno o l’altro, Ferguson dovrà giustificare in pubblico la cantonata che ha preso.

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Pogba è la differenza tra la Juve e la Roma? Magari non del tutto, ma in buona parte sì. In un campionato in cui latitano i fuoriclasse, i pochi che ci hanno messo in circolo sono quasi tutti alla Juve: un paio (Buffon e Pirlo) sono ormai in là con gli anni, un altro (Tevez) ha già dimostrato che a livello internazionale ha dei limiti chiari e poi c’è Pogba, con gli anni che ha, la forza che ha e soprattutto la testa che ha. “E’ un ragazzo intelligente e ambizioso che può avere davanti quindici anni di carriera straordinaria” lo benedice Allegri, che tuttavia spesso s’infuria con qual ragazzo che certe volte sembra scherzare col suo talento, quasi volesse misurarsi con lui. Nella prima parte della stagione ha giocato partite superficiali, altre distratte, altre ancora troppo vanitose, come se concedesse troppo al narcisismo. Allegri gli è stato addosso, e d’altronde ha ritoccato modulo e schemi della Juventus per fare in modo che i due giocatori di maggiore talento – Tevez e Pogba – ne traessero il massimo dei benefici. Altri ne sono risultati sacrificati (Pirlo, Vidal e Llorente soprattutto), ma ll gioco bianconero ora si sviluppa in modo che i palloni decisivi capitino il più delle volte a quei due. E se Tevez ha capito in fretta cosa volesse l’allenatore (è capocannoniere mica per caso), Pogba ci ha messo un po’, ha incassato qualche strillo ma alla fine ha scatenato se stesso all’interno della Juve. Rispetto agli anni di Conte ha magari meno continuità di gioco (Allegri, perlomeno, vorrebbe che ne avesse di più) ma più presenza nei momenti e nei luoghi decisivi. I suoi inserimenti sono letali. La sua capacità di fiutare le opportunità è degna di un centravanti non certo di primo pelo, il suo potere di controllo sui palloni più indomabili è di livello sublime, e in quello ricorda Zidane e Ibrahimovic, due tra i pochi colossi con i piedi fatati.

“Non si vende Pogba” è il mantra che lo Stadium canta a ogni gol, ma rischia di diventare un coro di frustrazione. E’ anche, oramai, un trendig topic su twitter, ma tutti sanno perfettamente quale sia il destino della breve e fulminante storia tra la Signora e il suo giovane principe: durerà ancora poco, è nello stato delle cose che sia così, non è un amore romantico ma una passione di possaggio. Pogba finirà in una delle sei squadre (Real, Bayern, Psg, Manchester City, Manchester United e Chelsea) che se lo possono permettere, che possono permettersi di spendere sia i soldi che pretende la Juve (Allegri ha sparato cento milioni: l’avrà fatto per caso?) sia soprattutto quelli che Raiola intende fare guadagnare a lui perché, in prospettiva, il Polpo è uno da dieci milioni all’anno di stipendio, come minimo. Quindi non è uno da campionato italiano. Godiamocelo fin che possiamo. calcio

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Fonte: Repubblica

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