NEWS

Bayern, 6 un vero tornado. Spazzato il povero Porto

Thomas MüllerLa settimana scorsa alcuni cronisti sono andati a curiosare nei reparti di maternità di diverse cliniche tedesche: hanno scoperto, pur in assenza di statistiche ufficiali, che il lavoro nei primi di giorni di aprile era incrementato. Nove mesi prima, il 13 luglio, la Germania aveva pigliato la coppa del mondo, quindi agli straordinari di questi giorni in sala parto è stata la definizione di baby boom del Mondiale: roba che se la scopre Blatter, ci piazza un copyright e incassa a nome della Fifa. Tra nove mesi non è previsto altro lavoro supplementare negli ospedali della Baviera, nonostante la qualificazione del Bayern alla quarta semifinale di Champions consecutiva abbia prodotto una gioia diversa, da festeggiare anche con il partner e non solo con il boccale. Il 6-1 è un urlo gridato in faccia alla concorrenza, ma visti i valori assoluti, sarebbe stata più sensazionale l’eliminazione: i rossi si erano complicati la vita a Oporto, regalando il 3-1, e adesso hanno sistemato i conti con la loro coscienza e con quella dei tifosi. I quali non ritengono l’impresa degna di un allargamento famigliare, anche perché con la Roma e lo Shakhtar piovvero sette reti. Basterà qualche bacio in più.
I MOTIVI Anche Thomas Müller la pensava così: passare non sarà un miracolo, ma quasi un dovere; comunque il club non aveva mai rimontato uno svantaggio di due reti incassato all’andata in trasferta e il successo tiene in corsa Pep Guardiola, mai uscito prima delle semifinali nelle sue sei Champions in panchina, per la corrida decisiva di Berlino. Il 6 giugno, se servirà, forse avrà ritrovato per intero il suo gruppo, qui invece come uomini il Bayern è molto simile a quello dell’andata (l’unico in punizione è Dante, al suo posto Badstuber); non lo è invece come posizioni e atteggiamento. Götze parte largo e non trequartista, 4-3-3 puro ma che dura poco. Perché il Porto non fa tempo a notare lo spazio centrale che Pep allarga Lahm a destra e mette Müller dietro Lewa: 4-2-3-1, con Xabi Alonso e Thiago registi. Come previsto, l’unico recuperato è Schweinsteiger (in panchina): in tribuna Robben, Ribery, Alaba, Benatia e Javi Martinez. Ma il pianto sugli assenti non bagna gli occhi: in mezz’ora, dal 10’ al 40’, sette tiri con cinque gol, un palo e una parata difficile di Fabiano. Tra la doppietta di Lewadowski, la rete e i due assist di Müller, il riscatto di Boateng (suo il 2-0 di testa) e la sagacia tecnico tattica di Lahm, l’oscar per il migliore va a Thiago Alcantara, subito a segno ma poi delizioso nel far muovere i suoi, sempre in anticipo e precisi nello smembrare la linea dei rivali per scavare una nicchia da far diventare voragine. Un esempio: il 3-0 di Lewandowski arriva dopo una serie di 26 passaggi, record nel torneo.
PORTO INESISTENTE Se all’andata la sistemazione arretrata aveva un senso, perché il 2-0 dopo 10’ aveva rimodellato la contesa, qui le paure di Lopetegui emergono impietosamente. Basta la prima smagliatura a togliere certezze ai blu. Ma il terrore diffuso viene raccontato dal secondo gol, dopo 14’. E’ un corner con tutti in area eppure i portoghesi non si schiodano dal terreno. Da 4-3-3 quello dell’allenatore amico di Guardiola diventa presto un 4-1-4-1 di totale resa. Anche nel secondo tempo, quando Lope ricorre ai tre centrali difensivi, quasi per non voler essere umiliato. Così «pareggia» 1-1 la seconda metà, ma il Bayern è già oltre, feroce e favorito come sempre.

La Gazzetta dello Sport

Commenti
Segui il canale PianetAzzurro.it su WhatsApp, clicca qui