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“Ci risiamo, la macchina del fango assegna le colpe e preparara le cessioni eccellenti”

Auriemma_Benitez

Rosario Dello Iacovo, autore del libro ‘Curre Curre Uagliò – Storia dei 99 Posse’ sulla pagina Facebook Il Napulegno, scrive un pensiero riguardo al momento del nostro Napoli:

«La strategia è semplice e vincente, soprattutto in una città in cui il pallone ha vissuto anni bui dopo i trionfi dell’era Maradona. Prendi un giocatore che vuoi cedere, fai circolare attraverso la stampa amica che sia lui a voler andare via. O se davvero lui vuole andarsene, trascura le responsabilità del club e della sua politica degli ingaggi e dei diritti d’immagine. Scarica tutto sul giocatore e fa in modo che la macchina del fango lo dipinga come un mercenario. A Napoli, dove il calcio è vissuto con una passione che supera la fede, la tecnica è così vincente che andrebbe ripresa nei manuali di comunicazioni di massa. Nonostante faccia ridere la definizione di “mercenario”, in un calcio che da decenni ha come unica stella polare il dio denaro, e mercenari lo sono praticamente tutti.»

Scrivevo così in tempi non sospetti, il 23 settembre del 2012, in un pezzo per il mio blog personale, corredato dalla stessa foto di De Laurentiis in compagnia di Raffaele Auriemma che accompagna questo post. Lì provavo a evidenziare quel meccanismo da gogna mediatica attraverso il quale il traditore è sempre il calciatore o il tecnico che vanno via da Napoli. Un dispositivo così efficace e collaudato che cancella con un colpo di spugna ogni responsabilità del presidente.

Non a caso anche stavolta ad aprire le danze è Lelluccio, come lo chiamavamo noi che siamo cresciuti nello stesso quartiere, lungo via Filippo Maria Briganti, a poche decine di metri da casa sua. In un editoriale per Tuttomercatoweb, il nostro si erge a sanfedista fuori tempo massimo e invoca la (ri)presa del potere da parte del cardinale Ruffo. La rivoluzione di Benitez è finita, le colpe del fallimento sono tutte sue ed è tempo che lo scettro del comando torni saldamente nelle mani di De Laurentiis, invitato esplicitamente a riprendersi il Napoli e ad affidare la squadra a Pecchia contro la Lazio. A lu suono de li viulini, morte morte a li giacubini, dimenticandosi che il patron non ha mai smesso di esercitare un potere assoluto su quello che è il vero oggetto della contesa, ovvero la politica del club.

[…] Ci sono sembrate sempre del tutto legittime, oltre che ragionevoli, le condizioni poste da Rafa per restare a Napoli. Un impianto sportivo degno di questo nome, un settore giovanile in grado di monitorare e far crescere in casa i campioni di domani, uno scouting capace di scovare prima degli altri i calciatori in procinto di esplodere. Cosa c’è di irrealistico o sbagliato in queste richieste? Nulla che non sia alla portata della Ssc Napoli che preferisce invece, unica fra i grandi club italiani, distribuire alla famiglia De Laurentiis uno stipendio annuo di ben cinque milioni di euro.

Ma siate certi che, fatta eccezione per qualche piccola pagina come la nostra, nessuno porrà l’accento su questo fondamentale aspetto della questione. Nessuno dirà che i ragazzini che hanno l’onore di vestire la maglia della propria città si allenano in condizioni decisamente diverse e peggiori da quelle dei coetanei che giocano con le tre grandi del nord, ma anche delle romane e di tanti piccoli club che assegnano un valore strategico al vivaio. Ogni ragionevolezza sparirà sotto il cumulo delle banalità a base di grinta, carattere, palle. Tutte componenti sinonimiche e certo importanti del pallone, ma comunque ben lontane dalla qualità dei giocatori che si dimostra ancora una volta il vero gap del nostro Napoli.

E fate attenzione, perché la macchina del Minculpop aureliano si è già messa in moto anche sul pezzo più pregiato di questa squadra. Quell’Higuain che certo è apparso sempre più svogliato, nervoso e indolente, ma del quale ho serie difficoltà a immaginarmi un sostituto all’altezza, restando nei parametri stretti dei vincoli economici del Napoli. Perciò sarebbe importante che domenica il San Paolo desse l’ultima prova di compattezza, senza abboccare all’amo e aggiungere altri fischi a quelli già elargiti generosamente a Gonzalo. Perché se va via, nella migliore delle ipotesi, arriva un Immobile. Siatene certi.

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