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Capriole a San Siro: Callejon illude il Napoli, Hernanes gela Benitez

A che cosa serve questo 2-2 maturato in coda a una partita bruttina, ripiena di errori? A muovere un po’ le classifiche di due squadre partite con ambizioni alte e costrette a riposizionarsi verso il basso, verso obiettivi minori. A chi giova il pareggio? A Walter Mazzarri, che in campionato veniva dalle batoste contro Cagliari e Fiorentina. Più del punto contano le modalità. L’Inter è andata due volte sotto e per due volte ha rimontato a stretto giro di posta. Vuol dire che il gruppo non ha mollato il suo allenatore, che è disposto a fargli ulteriore credito. La San Siro nerazzurra no, nel suo tecnico ha smesso di credere da tempo. Fischi a Mazzarri nel pre-gara. Anche l’ex interista Rafa Benitez si è preso la sua dose di ululati e disapprovazione. Il 2-2 è un’aspirina a due squadre con la febbre. Guariranno? Difficile dirlo. Oggi come oggi ci paiono destinate a un campionato di transizione. Il Napoli forse se la giocherà per il terzo posto, ma più per inerzia, per mancanza di avversari, che per meriti propri. L’Inter ha mostrato carattere, ma col temperamento si sopravvive, non si vive alla grande.
Perfetta parità Due gol a testa, un palo per ciascuno, un tempo per uno. Inter e Napoli si sono divise la torta come meglio non avrebbero potuto. Doppietta di Callejon, reti di Guarin e Hernanes. Insigne nella ripresa ha scosso un legno e ha così risposto al palo di Hernanes nella prima parte. L’Inter è stata padrona nei primi 45 minuti, quando il Napoli pareva narcotizzato, incapace di intendere e volere. All’intervallo, però, Rafa Benitez ha dato la sveglia e nel secondo atto la tendenza si è invertita, è stato il Napoli a imporre il suo spartito. Il 2-2 è giusto e gratifica l’occhio perché i gol fanno spettacolo, ma non c’è una rete delle quattro che non sia figlia di un errore, di un cattivo posizionamento o funzionamento delle difese. La quale cosa è più preoccupante per l’Inter, perché la fase difensiva è il pezzo forte di Mazzarri. All’inizio della partita ci era sembrato di scorgere una specie di allineamento a quattro, con Ranocchia e Dodò, ma è stata un’illusione ottica di qualche minuto. Più passava il tempo più la squadra si rintanava nel suo rassicurante format «tre-cinque».
Predominanza In ogni caso bisogna riconoscere a Mazzarri quel che a Mazzarri appartiene. Nel primo tempo è stata l’Inter a predominare per possesso palla e per abbondanza di giocate nella metà campo altrui. E’ mancato il gol, un po’ per l’imprecisione di Icardi e un po’ per sfortuna, e ci riferiamo al palo di Hernanes. Bene Obi come esterno destro al posto di Nagatomo, e lo dimostra il fatto che Insigne, teorica ala sinistra del Napoli, nel primo tempo è stato costretto a interventi e a diagonali da terzino. Diciamo che se al posto di Palacio, volonteroso, ma mai pericoloso, ci fosse stato Osvaldo, forse al riposo il risultato sarebbe stato diverso.
Sudditanza Canovaccio mutato nella ripresa, quando è stato il Napoli a salire sul pulpito e a predicare il suo calcio. Difficile stabilire se l’Inter abbia smesso di essere predominante e sia diventata «sudditante» per un calo fisico o perché qualche uomo di Benitez è ritornato in sé. Per esempio Callejon: nella prima frazione lo spagnolo ha giocato a nascondino, nella ripresa ha mandato a nascondersi la difesa dell’Inter. L’allenatore però dovrebbe interrogarsi sulle “non” prestazioni di alcuni suoi uomini chiave. Notato un Higuain nervoso e inconcludente, per nulla in sintonia con i compagni e con se stesso. Osservato un Hamsik sommerso, dallo slovacco sono arrivati appena due segni di esistenza in campo: un tiro forte respinto da Handanovic e la palla per il palo di Insigne. Visto un Inler ai minimi. Si ha come l’impressione che la delusione al preliminare di Champions abbia svuotato il Napoli, ristretto orizzonti e motivazioni a molti dei suoi giocatori e forse al suo stesso allenatore, costretto a «suonare la batteria« tra un tempo e l’altro, quando metà gara se n’è andata.

La Gazzetta dello Sport

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