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Spaccanapoli, fischi e applausi per capitan Hamsik

Spaccanapoli. Spacca il San Paolo perfettamente a metà: fischi e applausi. Marek Hamsik non fa una piega, quando esce per lasciare il posto a Higuain, ma nonostante la testa e la cresta restino alte, il diluvio di fischi lo inzuppa come una bomba d’acqua: non era mai accaduto. Tutto sommato, però, l’amore del popolo azzurro nei confronti di questo ragazzo slovacco, figlio adottivo di Napoli, cede di brutto ma continua a resistere. A esistere: perché se mezzo stadio lo sommerge di fischi, il resto lo applaude e si ribella. I sondaggi, comunque, sono impietosi: il gradimento è sceso al 50 per cento. E a onor del vero, Marek ci ha messo del suo.

CASO APERTO. E allora, la pagina che non t’aspetti. O meglio: che sai che prima o poi sarà scritta, perché ormai è troppo che la storia va avanti così, ma che fa comunque sensazione considerando il personaggio-simbolo. Il caso, come fu per Insigne, è scoppiato: e d’accordo un modulo nel quale proprio non riesce a esprimersi, però Hamsik è diventato il fantasma del giocatore che è. Che sa essere: ci sta che stia giù fisicamente e mentalmente, ma è impensabile che abbia dimenticato come si faccia un passaggio.

«NON FUNZIONA». Errori su errori, un tiro in area senza pretese nel primo tempo e un continuo vagare senza meta: la sua partita con l’Empoli è stata così. Destrutturato, smarrito: il capitano è in crisi. E di reazioni, ahilui, neanche l’ombra. Se non via web: «Le cose non hanno funzionato: la nostra prestazione non è stata proporzionale a una squadra che lotta per il terzo posto. Che peccato», ha detto attraverso il suo sito ufficiale. Già: dopo la sosta, solo rimpianti.

MAI COSI’. Il suo declino, invece, è cominciato da quando è arrivato Benitez, inutile negare. E d’accordo la fine dell’era Mazzarri e di un ciclo bellissimo per lui, uomo totem dell’ex tecnico e della squadra che fu, ma le cose sono andate sempre peggio partita dopo partita. Fino al 7 dicembre 2014, ieri: il giorno dei primi fischi. Marek Spaccanapoli e il popolo si divide tra ceffone e abbraccio. Come padre e figlio: perché sia chiaro, tutti gli vogliono un bene dell’anima.

MODULO&CO. Ecco, l’anima: un attrezzo che Hamsik dovrà lucidare e tirare fuori al volo, facendo leva su se stesso. Magari sul curriculum, concetto blando ma pur sempre pungolo dell’orgoglio: lui è il capitano del Napoli e della Slovacchia. È la bandiera che faceva gola all’Europa. Rafa, ieri, lo ha detto: «Devo recuperarlo, sa fare la differenza». Il guaio è che con questo modulo e in questa posizione, più seconda punta che uomo d’inserimenti alla Hamsik, non riesce proprio a dare segnali di brio. Di presenza. La questione tattica, insomma, è palese, ma non può essere l’unica spiegazione: in questo periodo è a terra. Capita anche ai migliori: l’importante è reagire.

SAUDADE. Dovrà farlo anche Rafael, il portiere che anche ieri ha rischiato di combinare un frittatone svirgolando un rinvio al limite dell’area in bocca a Verdi. Solo e incredulo: vai col liscio, salvataggio in extremis e San Paolo imbufalito. Come poco prima, dopo un dribbling molto azzardato in area: il popolo trema, invoca Reina e protesta. Da un bel po’: dopo l’infortunio, Rafael non ha ancora ritrovato sicurezza, smalto e reattività. Raramente decisivo, spesso in difficoltà. Anche in questo caso c’è poco da aggiungere: gira così. Gira male.

Corriere dello Sport

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