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Juve-Napoli, è la testa che conta

L’aria condizionata congelava le dita sul serio, quattro anni fa, ma Rafa Benitez un po’ esplodeva e un po’ sudava, in quello che passò per un autoesonero dall’Inter. Criticava la società ma aveva appena acchiappato il trofeo del Mondiale per club, sempre nel Medio Oriente petrolifero: Abu Dhabi, circa 500 chilometri da qui, meno della distanza fra Napoli e Torino. Lo spagnolo poi ottenne il licenziamento, ma il bagaglio carico di coppe non gli avrebbe riservato un futuro da precario. Proprio così: Chelsea, Napoli, altri boccali dorati o d’argento. Stavolta l’ultimatum giunge a lui prima del via, dal suo presidente. Ma Rafa né suda né esplode, racconta che «vincere “solo” le finali non è male». Stasera potrebbe arrivare a quota 10 su 16 tentativi, mentre Massimiliano Allegri è a uno, la Supercoppa presa con il Milan nel 2011. Una delle chiavi di JuveNapoli, slittata a ultima corrida dell’anno, sta anche qui. Non è soltanto l’imprevedibilità della gara secca, che tutto il clan juventino ripete da giorni come variabile illogica a una sussurrata superiorità, ad avvicinare le due squadre che in campionato sono distanti 12 punti. C’è pure il fattore Benitez. Infilato tra le chicane tattiche e le ricerche dell’ultimo barile di carburante fisicomentale, senza doverlo estrarre dal deserto del Qatar.

IL CAMBIO Proprio per il Napoli sfrecciante dell’era Mazzarri, Antonio Conte rimodellò la Juventus piantando per la prima volta i tre difensori centrali davanti a Buffon. Due mesi prima era partito dal 4-2-4, non impiegò tanto a dare lo stampo ideale ai bianconeri che da quella rimonta (da 3-1 a 3-3) partirono per la tripletta di scudetti, lasciando ai rivali napoletani solo una Coppa Italia. Era il 29 novembre 2011, un martedì, giorno strano (ai quei tempi) per il campionato, come strana è questa coppa pre natalizia. La Juve affronterà per la prima volta gli azzurri con la linea a quattro, senza la sicurezza dell’uomo in più che rende meno ansioso il triangolo di protezione sul fianco, senza l’oscillazione della retta a cinque, che può dare la superiorità dove si sistema. «Hanno quattro uomini offensivi di grande qualità» sottolinea Allegri. Non andrà al frontale in pari numero, però, anche perché sarebbe semplice mettere palla dietro Lichtsteiner e soprattutto Evra. Per raschiare spazio, toccherà a Vidal scendere di un  settore, come spesso avviene, per permettere a Marchisio o Pogba di spostarsi e poter insabbiare i corridoi in modo di non farli diventare piste di lancio: più alta è la linea d’intercetto, più bassa è la velocità degli sprint di Callejon e Mertens. La Juve sa stare più corta: 30,2 metri i dati delle ultime cinque gare, perché conta il momento e non il valore assoluto, in cui i bianconeri prevalgono. Il Napoli ha invece una lunghezza media: 35,5, oltre cinque metri in più. Porzioni di prato che ingolosiscono un raffinato conquistatore come Pirlo, oppure possono regalare tempo per la conclusione a Pogba e Marchisio, ma pure a Tevez o Vidal se saranno abbastanza freschi da occuparle.

STANCHEZZA Tutti, non solo Tevez che si è autodenunciato, sono stanchi di gambe: chi lo sarà meno di testa riuscirà a prevalere. La Juve tocca le 53 partite ufficiali nel 2014, con 38 vittorie, 8 pareggi e 6 sconfitte, di cui due sole in campionato e una contro il Napoli. Come arricchimento lo scudetto, il record di punti nei 12 mesi, mentre la semifinale di Europa League è un traguardo fallito (la finale nel proprio stadio) più che il miglior approdo europeo dopo 11 anni. Il Napoli correrà per la 55a volta (28-16-10 il bilancio), ha riportato in vetrina la Coppa Italia però ha mancato l’accesso alla Champions. La Supercoppa non ribalta la stagione se la vinci, però allunga le soddisfazioni: ne hanno più necessità a Napoli. «Ossessione della decima? No, non sapevo di averne vinte nove» sorride placido Benitez. «Io non ho avuto la fortuna di giocare tante finali come lui» risponde Allegri. «Tanto rispetto, ma anche uno stimolo a crescere». Anche la Juve ne sente il bisogno, pur se domina da un triennio.

La Gazzetta dello Sport

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