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Il Milan vince in nove: Montella è uno specialista

ROMA – Come in un sogno. Anche meglio. Dribbling sulla linea del fallo laterale, difensore saltato come un birillo, passaggio tunnel all’avversario, un rigore in movimento a due minuti dal termine in omaggio per Pasalic, a due passi dalla porta. Deulofeu si è subito preso il cuore dei tifosi milanisti. L’abbraccio di Galliani a Montella nel post partita rende l’idea dell’impresa rossonera. Per tre punti che potrebbero far sterzare la stagione, anche se la classifica del Milan è quella che è: settimo, con zona Champions League a tre partite di distanza. E anche per l’Europa League per ora si dà precedenza a Inter, Lazio e Atalanta. Ma, come segnala Opta, nessuna squadra – nell’era dei tre punti – partendo da una situazione di parità o svantaggio è poi riuscita a vincere al triplice fischio.

BOLOGNA-MILAN 0-1: I GOL

E Montella sa come vincere con due uomini in meno. Con la Fiorentina passava a San Siro contro l’Inter di Roberto Mancini (marzo 2015) finendo la partita sotto assedio in nove contro 11, tra un’espulsione e l’infortunio a cambi esauriti di Savic. Salah timbrava il cartellino ma era Neto a regalare il successo alla Viola con miracoli su Palacio e Icardi. Un’impresa simile è toccata all’Athletic Bilbao che più di un mese fa superava 2-1 il Barcellona nell’andata degli ottavi di finale di Coppa del Re. In vantaggio di due reti prima della punizione di Leo Messi che riapriva la partita, i baschi erano costretti ad affrontare la Pulce, Neymar e Suarez (contro cui si dovrebbe giocare in 15, per provare a limitarne le giocate) in doppia inferiorità numerica, espulsi Luis Garcia e Iturraspe, i due migliori calciatori del Bilbao. Ma arrivava l’insperato successo, che non è bastato per superare il turno, nella gara di ritorno al Camp Nou il Barça centrava vendetta e qualificazione (3-1).

Tornando in Italia, quasi sette anni fa a San Siro ci fu la partita delle manette – polsi incrociati verso le telecamere – di José Mourinho, forse i 90 minuti che accreditavano l’Inter per la corsa al Triplete. Nerazzurri in nove per oltre 35 minuti a San Siro contro la Sampdoria, Tagliavento spediva fuori in rapida successione Samuel e Cordoba. Ecco la mossa dello stratega Mou: niente nuovi difensori dalla panchina, Cambiasso arretrato di 10-15 metri, Eto’o, forse l’attaccante più forte al mondo in quel momento, schierato esterno d’attacco. Muscoli, corsa, sacrificio. La gara finiva 0-0, con un espulso (nel finale) anche per i doriani. Mou cementava il gruppo interista contro il rumore dei nemici, dopo poco sarebbe arrivato il passaggio del turno in Champions League ai danni del Chelsea. Ed Eto’o assieme a Milito sarebbe tornato a giocare sulla fascia anche al Camp Nou, semifinale di ritorno di Champions League contro il Barça di Pep Guardiola. Anche in quella circostanza nerazzurri non in parità numerica – rosso per Thiago Motta dopo 28 minuti – con sofferta e meritata qualificazione per la finale di Madrid. In dieci uomini ma per quasi 100 minuti, c’è nel registro delle imprese quasi impossibili anche l’Italia di Dino Zoff degli Europei 2000, privata del titolo in finale dal golden gol di David Trezeguet. In semifinale contro l’Olanda padrone di casa e strafavorita per l’argenteria  – Davids, Seedorf, Stam, Kluivert, i fratelli De Boer -, gli azzurri restavano presto in dieci (espulso Zambrotta). Muraglia costruita davanti agli attacchi degli orange, Cannavaro terzino destro contro Zenden, Maldini esterno difensivo della linea a cinque, Nesta alla migliore partita in Nazionale. Un muro, una diga. Anche se la partita è ricordata per i miracoli di Toldo, per il cucchiaio di Totti nella sequenza (vinta) dei rigori.

E nella stessa annata in Serie A Hernan Crespo diventava l’idolo assoluto del Tardini. Il suo gol al 90′ – anzi 92′ – regalava il pareggio al Parma contro la Juventus, con gli emiliani rinchiusi in area dai bianconeri in doppia superiorità numerica (out Dino Baggio e Torrisi). Era la Juventus di uno Zidane straordinario, con Del Piero nella malinconica fase post infortunio, che andava a segno solo su rigore. Quel pari fu il momento più alto del Parma di Malesani, costruito dai Tanzi per il titolo ma solo quinto a fine campionato.
 

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Fonte: Repubblica

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