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Roma, Sabatini: “Monchi un grande, ma io soffro”

Walter Sabatini torna a parlare. Lo fa nel corso di un incontro con gli studenti all’Università Roma Tre, in cui si discute l’evoluzione della figura del direttore sportivo, e come al solito è un fiume in piena. L’esordio dell’ex ds della Roma non è affatto banale: “Oggi per me è una giornata infausta – dice -. È quasi ufficiale il nome del nuovo direttore sportivo e io ho smesso di esserlo. Sarà Monchi, un uomo straordinario, la Roma ha fatto la scelta giusta. In questi momenti ho avuto modo di riflettere: odio aver perso la Roma, la Roma è la mia vita, la amo e non ho mai smesso di seguirla. Ho fatto tante plusvalenze in questi anni, sono state importanti a livello economico perché hanno permesso alla società di evitare ricapitalizzazioni. Plusvalenze, assets e competitività fanno grande un ds. I giallorossi da tre-quattro anni sono diventati una squadra molto forte e competitiva, ma sono incappati in un ciclo incredibile della Juventus. Basti pensare che la Juve l’anno scorso a questo punto della stagione aveva 66 punti, la Roma quest’anno ne ha 65. Anche il Napoli è molto forte, sarà difficile per la squadra di Spalletti mantenere il secondo posto ma credo che ce la farà”.

Sabatini, su invito degli studenti presenti in aula, esprime poi una battuta su Ivan Piris, nella capitale nella stagione 2012-2013 prima di compiere un giro lungo per il mondo tra Lisbona, Udine e Monterrey: “Il poro Piris forse non era da Roma, ma ha disputato la miglior partita da terzino destro dei giallorossi: contro il Genoa disputò una partita straordinaria”. Ritornando su Monchi aggiunge: “Viene presentato come autore di grandissime gesta e hanno ragione, ma viene anche definito come un deus ex machina, un uomo infallibile; io invece sono stato presentato da due testate giornalistiche con la denuncia di una mia squalifica, che ho avuto e regolarmente scontato”.

“Il rapporto tra la Roma e la stampa è migliorato – continua l’ex ds -. Prima allenatore e dirigenti erano trattati malino, adesso son stati fatti passi da gigante. L’algoritmo del giocatore perfetto? È falso, non esiste. Io sono alla ricerca dell’algoritmo della vita. Uno dei motivi per cui ho lasciato la Roma è che la statistica sta sovrastando quella che si potrebbe definire illusione cognitiva. La Roma è una malattia e pensare che mi hanno dato anche del laziale. Ho sempre smentito di esserlo. Sono grato a loro perché mi hanno dato una possibilità in un periodo difficile della mia vita, ma non ho mai nascosto di volerli sempre battere”. 

Su Spalletti – “Se va alla Juve? Lo auguro ai bianconeri, ma spero rimarrà alla Roma. Perderlo sarebbe un danno enorme. Non chiede mai top player e non si è mai lamentato davanti alle telecamere dell’inadeguatezza della rosa, a differenza degli altri allenatori. Merita di vincere qui, ed è l’unico in grado di farlo. Sta cercando di cambiare mentalità in questa città. Ha dovuto affrontare vari problemi, come il rapporto di collisione con Totti, a cui ho visto fare giocate incredibili ma che ha rappresentato un problema gestionale nella sua fase declinante. Spalletti lo ha colpito per creare l’idea di una Roma forte, e quest’obiettivo lo si raggiunge solo attraverso i comportamenti. Mi spiace venga denigrato, anche da persone che non potrebbero farlo”.

Grandi intuizioni e qualche flop – “Quando ho preso Iturbe era un beniamino della folla, poi purtroppo ha fatto male. Quando ho preso la metà del cartellino di Nainggolan per 9 milioni mi hanno dato del cianotico e dell’avvinazzato. Ora ne vale 60 perché ha 29 anni, ma spero la Roma se lo tenga perché è il giocatore più forte d’Europa; l’infortunio di Strootman invece ci ha tolto uno scudetto. Doumbia lo presi per mettere su un piedistallo la società, lo volevo e la stampa mi acclamò. È fortissimo, l’errore che ho fatto è non considerare le sue condizioni fisiche dopo la Coppa d’Africa, contro il Parma avrei giocato meglio anch’io. Poi nessuno si ricorda che arrivò in un momento imbarazzante e segnò contro Sassuolo e Genoa. È andato male e me ne assumo la responsabilità. Su Ibarbo sono state dette stupidaggini vergognose. È stato comprato per 2 milioni e venduto alla stessa cifra. Contro la Lazio fece una progressione che ci fece vincere il derby e andare in Champions, un’operazione la sua che rifarei. Per comprare Lamela mi feci aiutare perché lo soffiai a un’altra squadra italiana e volevo dare un segnale: quando c’è la Roma di mezzo non c’è trippa per gatti, anche se non quelli della coda maculata. Luis Enrique? Ë un uomo straordinario, ma ha odiato alcune cose che gli son successe qui ed è voluto andare via, nonostante abbiamo cercato di trattenerlo. Voleva proporre la sua idea di calcio e ci è riuscito al Celta Vigo. Quella non era una grande squadra, perché costruita tutta negli ultimi giorni di mercato, ma dopo la partita di Bologna pensai che potesse sbaragliare il campo contro qualunque avversario. Yanga-Mbiwa? Ho subito malanni vari anche per quella cessione. È un ragazzo contraddittorio, in grado di sbagliare uno stop in area e fare un tunnel subito dopo. Potevo venderlo per la stessa cifra per cui l’avevo riscattato, così lo prendo alla larga, utilizzando il mio presunto fascino. Lui non parla, sbarra gli occhi per 10 minuti e poi se ne va. Quei 10 minuti mi hanno ucciso. Dzeko? Già l’anno scorso speravo rendesse così. Gerson? È molto forte, ma se la Roma pensa che sia una sola lo prendo io. È un po’ compassato, ma gioca il pallone in maniera sublime. Non è stato accolto in maniera trionfale, ma se ha forza e carisma supera queste difficoltà. Ci sta che un giocatore renda meno di un altro, per me conta la consistenza. Sono 3 anni che la Roma crea i presupposti per vincere e ci riuscirà, forse anche quest’anno”. E sui grandi difensori che sono passati dalla capitale dice: “La mia Roma aveva bisogno di vendere e concludere con un saldo positivo. Alcune situazioni sono difficili da valutare all’esterno, come quando i giocatori si impongono, come immagino stia facendo Manolas. Se vanno male non ti concedono lo sconto, se invece vanno bene diventano una spesa importante dal punto di vista salariale”. 

Retroscena di mercato e futuro Totti – “Dai cinesi ho preso 18 milioni per Gervinho. Li ho fatti restare 3 giorni a Trigoria perché se fossero usciti li avrebbero convinti a lasciar perdere. Francesco penso voglia fare ancora un altro anno da calciatore, ma non so cosa farà la società perché non ho più contatti” conclude Sabatini.

Fonte: SkySport

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